Fa seguito a quanto sollevato sulla questione rifiuti da Carlo Cambi e Sauro Grimaldi di Confindustria Macerata, il sindaco di Treia, Franco Capponi: «Il futuro del Cosmari? diventare la più importante infrastruttura territoriale dell’economia circolare».
È paradossale che abbiamo fatto le raccolte differenziate quando non c’era ancora l’economia circolare (cioè il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti differenziati che vengono rimessi nei cicli produttivi come “materie prime seconde”) e adesso che l’economia circolare c’è pensiamo di ritornare a bruciare risorse materiali preziose e utili, ma anche convenienti per le imprese che riutilizzandole risparmiano energia e materie prime e abbattono l’emissione di Co2 – commenta Franco Capponi che prosegue ringraziando l’intervento di Carlo cambi e Sauro Grimaldi di Confindustria Macerata su un tema così delicato come i rifiuti. Lui che da Presidente della Provincia negli anni 2009/2010 realizzò l’ultima discarica di Cingoli e da presidente del Cosmari dal 2000 al 2004 ideò la raccolta “porta a porta” con una virtuosa gestione della raccolta differenziata – Senza nessuna contrarietà ideologica verso gli inceneritori ragioniamo nel merito delle scelte più opportune da fare nella nostra provincia. Il futuro del Cosmari, come delle altre multiutilities, è nella sua trasformazione in “fabbrica della produzione di materie prime seconde” con le quali rifornire le imprese, in primis occorre farne nascere di locali e nuove Start-up, oltre ai grandi Consorzi nazionali di raccolta. Una prospettiva che non solo giustifica ma valorizza il ruolo di infrastrutture territoriali di piccole medie dimensioni, come il Cosmari appunto, capaci di individuare e sostenere imprese e filiere produttive che sempre più si rivolgeranno al mercato delle materie prime seconde. Se invece il problema è bruciare i rifiuti non c’è più bisogno del Cosmari, ci sono le grandi multiutilities che con le raccolte standardizzate e omologate (sostanzialmente il ritorno al cassonetto) alimentano i loro inceneritori, troppo spesso sovradimensionati e per questo famelici. Insomma se c’è da portare tutto in un forno basta uno per più regioni, se c’è da rifornire imprese e filiere di un territorio c’è bisogno di realtà come quella del Cosmari, c’è bisogno della partecipazione e della responsabilità delle istituzioni e delle comunità locali, delle imprese e delle associazioni. Non sono discorsi astratti, c’è di mezzo il destino di 600 posti di lavoro e di quell’80% di raccolta differenziata, grazie all’introduzione “del porta a porta”, che ha portato il maceratese ad essere dal punto di vista dei rifiuti un ambiente più sicuro e più sano e l’ambito più virtuoso a livello regionale. Per questo della presa di posizione di Confindustria, che per il resto condivido e sottoscrivo, non mi convince la proposta dell’inceneritore anche per le difficoltà amministrative, tecniche, gestionali ed economiche relative:
1) la Legge Regionale ed il Piano regionale dei Rifiuti non prevede la realizzazione di un termovalorizzatore nelle Marche e nessuno l’ha modificata;
2) analizzando le gestioni dei nostri ambiti si comprende come Pesaro sia già orientata ad aderire al modello Emilia Romagna e ai suoi termovalorizzatori. Resterebbero poco più di un milione di abitanti che produrrebbero 600.000 ton. di rifiuto che al ritmo attuale di raccolta differenziata porterebbe alla residua disponibilità di materiale da bruciare di circa 120.000/140.000 ton. dimensioni che presuppongono la realizzazione di un impianto molto piccolo e quindi diseconomico.
3) Il costo inoltre di un impianto di termovalorizzazione di queste dimensioni si aggirerebbe sui 200 milioni di Euro e questo già da solo potrebbe essere il fattore limitante (né il Cosmari né i Comuni hanno queste risorse), ne siamo stati capaci di captare le risorse del PNRR e qualora volessimo ancora proseguire con la gestione pubblica del sistema integrato dei rifiuti;
4) Realizzare un termovalorizzatore inoltre non risolverebbe il problema dell’emergenza, anzi la prolungherebbe, in quanto, ammesso che qualcuno riesca a far digerire ad un territorio di ospitarlo, occorrerebbero non meno di 6/7 anni per la sua autorizzazione e realizzazione. E qui bisogna fare anche qualche considerazione politica, a partire da quella che sarebbe interessante sapere quale Presidente di ATO 3, che non è riuscito in questi anni a realizzare una semplice discarica, sia adesso capace di trovare un territorio disposto a realizzare un inceneritore. Sinceramente non mi pare che le forze politiche che governano Regione e Provincia siano in grado prima di fare e poi di sostenere una scelta così forte. Grimaldi e Confindustria dovrebbero sostenere invece la realizzazione di impianti di Bio-digestione e di compostaggio dei i rifiuti di sostanze organiche che sono la stragrande maggioranza dei rifiuti urbani e che vengono prodotti sia dalle famiglie (come gli scarti di cucina) ma anche dalle attività produttive (prodotti che provengono dai mercati e negozi alimentari, ristoranti, mense, ecc. che provengono dalle aree urbane (materiale vegetale (erba tagliata, foglie) che deriva dalla manutenzione di parchi e giardini, pubblici e privati (frazione verde dei rifiuti) ed inoltre ci sono poi i fanghi provenienti dagli impianti di depurazione delle fognature e dalle industrie agroalimentari. Queste sostanze organiche contribuiscono in modo notevole alla formazione di biogas (come il metano, in particolare), che nelle discariche provocano odori spiacevoli e se inviato agli inceneritori, brucia “male” e fa aumentare la quantità di energia richiesta per la combustione.
Questa quindi la proposta: aumentare la raccolta differenziata, lavorare ancora sulla riduzione dei rifiuti, coinvolgere cittadini ed imprese all’acquisto e all’utilizzo di prodotti sempre più riciclabili, fare moderni impianti di selezione che ci permettano di recuperare una grande quantità di materie prime da destinare magari ad innovative imprese locali e trasformare il rifiuto organico in energia (con impianti a digestione anaerobica) e ammendante per i terreni (sempre più poveri di sostanza organica). Progetti che purtroppo oggi è più difficile realizzare perché prima Pettinari e poi Parcaroli hanno portato l’ATA (Assemblea territoriale d’ambito) dell’ATO 3 Rifiuti di Macerata al più basso livello mai toccato prima. Il ritardo del Piano Discariche parte da lontano (da almeno 8 anni cioè dall’apertura della Discarica di Cingoli) e tutti hanno agito fino ad oggi per non prendersi responsabilità. Il Presidente Parcaroli e gli ex presidenti della Provincia additano i Sindaci per le azioni di freno all’individuazione (ricorsi, studi ambientali aggiuntivi ai vari siti, ecc.) ma l’individuazione dei siti spettava ai Presidenti delle ATA che in questo nostro contesto hanno coinciso con i Presidenti di Provincia.
Il Cosmari è stato sempre il faro in questa Regione della innovazione e del riciclo. Con Parcaroli l’ATA di Macerata è passata ad essere fanalino di coda in questa Regione e le proposte impiantistiche finanziate e sostenute hanno visto crescere tutti gli altri ambiti regionali e decrescere quello maceratese manifestando lo scarso peso politico a livello regionale e nazionale (altrochè filiera istituzionale come sempre ci dicono con i famosi refrein). Ha ragione Cambi che “manca il Manico” e così abbiamo perso anche il grande merito di questa nostra realtà “la gestione unitaria di tutta l’ATA e del COSMARI” sacrificata all’interesse e della voracità dei partiti di destra – Lega in primis – di sistemare gli amici degli amici, a volte i trombati.
Come smaltire allora i rifiuti senza inquinare? Evolvendo il modello che il Cosmari ha realizzato da dieci anni a questa parte e cioè con il Porta a Porta spinto con una crescente attenzione alla riduzione, una nuova impiantistica e nuove imprese per il recupero dei materiali provenienti dal riciclo e la tariffazione puntuale (modello sul quale non crede il Presidente Parcaroli che illegittimamente stà realizzando un modello per il Comune di Macerata, non contemplato DAL PIANO DEI RIFIUTI dell’ATO 3 in vigore,  con cassonetti intelligenti nel riconoscere il rifiuto ma non adatti alla tariffazione puntuale). Infine sull’aumento paventato della TARI (Tassa sullo smaltimento dei rifiuti) in questo momento di grande difficoltà per tutti i cittadini, soprattutto per l’aumento della fascia della povertà, un aumento sarebbe devastante. Anche se i calcoli più accreditati parlano di un aumento del 20-30% (e non del 200-300%) nei prossimi tre anni comunque si tratta sempre di un notevole aumento per imprese e famiglie causato dai ritardi accumulati nell’individuazione dei siti di discarica e quindi dalla necessità di andare a smaltire fuori provincia i cui responsabili sono perfettamente identificabili in chi ha gestito la questione negli ultimi 7/8 anni.