Dieci anni di ordinazione episcopale per monsignor Nazzareno Marconi. Sabato 13 luglio a Macerata, dalle ore 18, la comunità diocesana si darà appuntamento presso la Cattedrale dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista per celebrare l’importante anniversario.
A seguito dell’ordinazione del 13 luglio 2014, mons. Marconi ha poi fatto il suo ingresso nella Diocesi di Macerata il 27 luglio. La prima iniziativa coincise con il Giubileo della Misericordia del 2015. Evento che celebrava anche i quindici anni dalla chiusura del Sinodo diocesano da parte di mons. Tarcisio Carboni. Poi, nell’agosto dello stesso anno, la “Lettera a un giovane Parroco”, documento programmatico per tutto il decennio successivo e ispirato dal Libro del Sinodo Diocesano Maceratese pubblicato da mons. Luigi Conti nel 2000. Con la lettera, il vescovo Marconi dava indicazioni ai giovani parroci in vista del naturale ricambio che sarebbe da lì in avanti avvenuto nelle 67 parrocchie diocesane.
Grande impatto hanno avuto il terremoto del Centro Italia del 2016 e, nel 2020, l’avvento del Covid-19. Poi la seconda ondata della pandemia con la “via crucis” dei vaccini che ha coinciso, nell’aprile 2021, con la Lettera pastorale “Per una chiesa viva e non sopravvissuta”: l’idea che risorgere dalla pandemia dovesse produrre «l’inizio di una vita di Chiesa rinnovata e più piena, più aderente al Vangelo, più capace di dialogare col mondo di oggi e di essere per tutti una proposta significativa ed attraente di vita buona».
Iniziava così il Cammino Sinodale per dare ascolto a fondo alle vere esigenze umane e spirituali del territorio. Ne è scaturito un rinnovamento più deciso ed operativo soprattutto della Caritas DiocesanaLa sintesi del percorso sinodale diocesano ha portato all’ultima Lettera Pastorale “Parrocchie… Ma Come?”, sulla base della quale il Vescovo sta completando la Visita Pastorale che si chiuderà l’8 dicembre di quest’anno, ormai in vista del Giubileo 2025. 
In questi dieci anni si ricordano, inoltre, il restauro della nuova cattedrale di San Giovanni, il completamento del processo fino al decreto di venerabilità di Padre Matteo Ricci, l’apertura di Casa Bethlem e di altre iniziative di accoglienza della Caritas diocesana, il restauro di molte chiese e locali di ministero ed oratorio, la costruzione di tre centri di comunità post-sisma, il consolidamento del sistema delle comunicazioni sociali diocesane EmmeTV 89, Radio Nuova Macerata ed Emmaus su internet ed Avvenire (Sinodo 138), oltre al potenziamento della vita comune del Clero, come già auspicato dal Sinodo Diocesano (Sinodo 160) con la creazione di tante Case del clero dove i Sacerdoti sono assistiti, vivono, collaborano e pregano insieme.
L’invito per tutta la cittadinanza è dunque per la Santa Messa in programma sabato 13 luglio a Macerata, alle ore 18, nella Cattedrale dei Santi Giovanni Battista ed Evangelista.

Ricordi di 10 anni da Vescovo di Macerata
Gli anni iniziali.
Giungendo in Diocesi dopo l’ordinazione episcopale del 13 luglio 2014 portavo con me
l’esperienza pastorale di 30 anni da prete, di cui 20 in parrocchia e 10 in seminario come rettore.
Uno sguardo ricco perché guardava alla parrocchia prima standoci dentro, poi da fuori con un certo
distacco. Infine, l’ultimo anno di ritorno in parrocchia il 2013, mi permise di fare sintesi.
Io sono un uomo di libri, non tanti, ma pochi e letti bene e più volte. Giungendo a Macerata dentro
la borsa avevo due libri e due opuscoli: La Bibbia, che considero da sempre la mia “biblioteca
fondamentale” sulla vita, la spiritualità e la pastorale. Poi i Documenti del Concilio, in una edizione
delle Paoline del 1966, che mi porto dietro dagli anni ’70 e che ho letto più volte, cosa oggi
piuttosto rara. I due opuscoli erano: una lettera CEI, “stagionata” e citata, ma poco applicata: Il
volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (nota pastorale della CEI 2004) un
documento tanto concreto e diretto che non sembra un documento scritto dai vescovi! Ed infine la
lettera programmatica di Papa Francesco: Evangelii Gaudium. Perché era Lui che mi mandava a
Macerata e da Lui mi dovevo far guidare.
Nei primi 9 mesi ho incontrato persone, ascoltato e preso appunti sui miei quadernetti stile
Moleskine.
Poi ho cominciato a fare proposte, non solo alla Chiesa, ma anche alla Società civile, perché ritengo
che il Vescovo debba confrontarsi e dialogare apertamente con tutti coloro a cui sta a cuore il bene
comune. La prima fu di vivere il Giubileo della Misericordia 2015, che per noi celebrava anche i 15
anni dalla chiusura del Sinodo Diocesano indetto da Mons. Carboni. Questa occasione mi ha fatto
scoprire un nuovo libro prezioso: il Libro del Sinodo Diocesano Maceratese, pubblicato da Mons.
Conti nel 2000, un altro testo che davvero pochi avevano letto e meditato, dove ho trovato tanta
sapienza pastorale ben calibrata sulla nostra realtà locale.
Da questo lavoro è nata la mia prima Lettera Pastorale, che ho considerato programmatica per tutto
il decennio. Era il 4 agosto 2015 festa del Curato di Ars. L’avevo intitolata: “Lettera ad un giovane
Parroco”, perché non pretendevo di cambiare lo stile pastorale dei tanti Parroci diocesani ultrasettantenni, ma solo di dare indicazioni a coloro che prima o poi li avrebbero necessariamente
sostituiti. Questo naturale ricambio dei parroci, attuato lungo un decennio sulle nostre 67 parrocchie
diocesane, ha riguardato una cinquantina di parroci! In dieci anni la diocesi è davvero cambiata e
per tanti versi è unica in Italia: ora la maggioranza dei nostri parroci ha meno di 50 anni, è nata
all’estero, si è formata nel Seminario Redemptoris Mater.

In questa Prima Lettera Pastorale dicevo che: un tempo la parrocchia era “la fontana del villaggio”
alla quale tutti venivano ad attingere. Oggi però la gente ha l’acqua in casa, e ognuno può ordinare
via internet tutto quello che gli serve, restando comodamente seduto in poltrona. Questo mondo di
persone che si incontrano molto di meno, che vivono in maniera isolata ed indipendente, lo
riscontriamo anche nell’ambito della fede. Questa era ed è ancora di più oggi la sfida pastorale di un
mondo molto cambiato: l’individualismo che genera la fatica di vivere, riflettere, progettare e
celebrare insieme come comunità.
Confermavo però che c’erano ancora tanti cuori aperti a Dio e ad una vita di fede e di comunità, che
andavano cercati, incontrati ed accolti, senza stupirsi che fossero tanto diversi dal parrocchiano
“standard” degli anni ’80.
Ricordavo poi che “i ferri del mestiere” del parroco restano gli stessi, ma oggi vanno usati su dei
materiali nuovi e diversi. La parrocchia di oggi non vive dentro la chiesa, ma soprattutto in mezzo
alla strada della gente. Va perciò contemplata come un incrocio simbolico di tre vie bibliche. La via
del Buon Samaritano (Lc 10), dove si incontrano ogni giorno persone che hanno bisogno di atti
concreti di Carità, con i quali si costruisce quell’amicizia che apre il cuore al vangelo. La via di
Filippo e dell’Etiope (Atti 8), dove stanno persone che di Gesù conoscono vagamente il nome, ma
non lo hanno mai scoperto davvero. È la via della nuova evangelizzazione, di quelli che sono
cristiani solo secondo l’anagrafe. Infine, c’è la via di Emmaus (Lc 24): percorsa dai credenti rimasti
ma sfiduciati, che hanno bisogno di riscoprire la bellezza dell’incontro con Gesù risorto,
nell’ascolto della Sua Parola e nell’esperienza bella dello spezzare il Pane eucaristico.

Leggendo attentamente il libro del Sinodo scoprii che anche Mons. Carboni vedeva come salutare
una riforma della struttura diocesana secondo il metodo delle Unità Pastorali (Sinodo 199). Ed
iniziai con fiducia ad attuarlo, facendo tesoro dello studio e dell’esperienza che ne avevo fatto in
Umbria.
Il terremoto del 2016
Quando tutto sulla carta era chiaro e lineare è venuto il terremoto del 24 agosto 2016, ma
soprattutto quello del 30 ottobre a mettere tutto sottosopra e chiederci un impegno imprevisto e
spesso vissuto sopra le forze. Il terremoto ci ha insegnato che le persone valgono più delle strutture
e che la riforma della Chiesa deve realizzarsi prima dentro le teste, altrimenti servono poco nuove
strutture e nuovi spazi.
Negli anni dell’emergenza non ho detto o fatto cose nuove a livello pastorale, se non portare avanti
con metodo, alla luce del Sinodo Diocesano e per quello che si poteva, tutto quanto proposto
all’inizio.
Con “Ri-farsi Prossimo – Lettera Pastorale 2016/2017” ho approfondito il tema del rinnovamento
della Caritas, portando avanti le indicazioni della terza parte del Sinodo Diocesano. Con
“Annunciatelo dai tetti – Lettera Pastorale 2017/2018” ho presentato i tratti locali della nuova
evangelizzazione alla luce della Prima Parte del Sinodo Diocesano. Con “Celebrare la Speranza –
Lettera Pastorale 2018/2019” ho ricordato la bellezza ed il valore della liturgia seguendo soprattutto
la Seconda parte del Sinodo Diocesano.

La Pandemia
Poi è venuta la Pandemia ed il 30 maggio 2020 in piena lotta con il virus ho cercato di aggiornare la
“Lettera ad un Giovane Parroco” dopo: 5 anni di riflessione diocesana, l’esecuzione quasi completa
della prima Visita Pastorale e l’esperienza del Covid, per farne un testo più maturo di Progetto di
Pastorale Fondamentale, da consegnare ai nuovi parroci che ormai stavano prendendo in mano la
gran parte delle parrocchie. Ne è scaturita la quinta Lettera pastorale: “La Parrocchia che verrà”
2020/2021. Vi appariva una proposta di parrocchia che rafforza la corresponsabilità dei laici e la
collaborazione nelle Unità Pastorali, anche con un lavoro metodico ed intenso degli organismi di
collaborazione pastorale diocesani: Consiglio dei Consultori, Consiglio Presbiterale, Consiglio
Pastorale, Consigli per gli affari economici, secondo le puntali indicazioni del Sinodo Diocesano
(Sinodo 151). Formando parrocchie più accoglienti verso le Associazioni, i Gruppi, i Movimenti ed
i Cammini ecclesiali (Sinodo 206). Infine, valorizzando la pietà popolare e la devozione mariana
(Sinodo 104-105).
Poi la seconda ondata della Pandemia e la “via crucis” dei vaccini, ci hanno ulteriormente messo
alla prova. Ad aprile 2021 proponevo così alla riflessione di tutti la Lettera pastorale: “Per una
chiesa viva e non sopravvissuta”. Con l’idea che risorgere dalla pandemia dovesse produrre
“l’inizio di una vita di Chiesa rinnovata e più piena, più aderente al Vangelo, più capace di dialogare
col mondo di oggi e di essere per tutti una proposta significativa ed attraente di vita buona”.

Il Cammino Sinodale della Chiesa Italiana
Iniziava così anche per noi quel percorso di ascolto e coinvolgimento capillare che è stato in diocesi
il Cammino Sinodale. Pur con le fatiche della pandemia il Cammino Sinodale è stata per noi una
occasione per dare ascolto a fondo alle vere esigenze umane e spirituali del territorio. Ne è scaturito
un rinnovamento più deciso ed operativo soprattutto della Caritas Diocesana, ancora in corso ma
pieno di bei segnali.
La sintesi del percorso sinodale diocesano ha portato ad una nuova Lettera Pastorale, molto diversa
nel metodo di elaborazione e stesura. Infatti, è scaturita da un testo proposto alla riflessione di tutti
nel Giovedì Santo 2023 “Materiali per la Lettera pastorale”, rielaborato fino al giugno di quell’anno
in vari incontri ed ascolti, che ha portato alla nuova ed ultima mia Lettera Pastorale 2023-2024
“Parrocchie… Ma Come?” sulla base della quale sto completando la Visita Pastorale dopo 10 anni
di cammino insieme. Vi ricorrono 4 fondamenti dell’azione pastorale di una parrocchia che vive
entro le Unità Pastorali: Il primo è la domenica, il giorno del Signore, ma anche il giorno che
nell’incontro dei credenti fonda la comunità parrocchiale. Il secondo sono i Sacramenti, che
preparano ed accompagnano le età della vita umana. Il terzo è lo stile di Accoglienza, che
caratterizza la parrocchia come la casa di Dio e dei cristiani sempre aperta all’incontro con
l’umanità. Il quarto è la Festa cristiana in cui: i ritmi del tempo umano, le gioie e le sofferenze, la
memoria grata di chi ci ha preceduto e della storia comune, sono celebrati come momenti cruciali
per costruire la comunità parrocchiale come Popolo di Dio in cammino.
La Visita ad Limina e la seconda Visita Pastorale
Da ottobre 2023 è ripartita una seconda Visita Pastorale a tutte le Unità Pastorali della Diocesi,
momento di incoraggiamento, di verifica ed occasione di nuova progettazione comune, che si
chiuderà l’8 dicembre prossimo, ormai in vista del Giubileo 2025. Di tutto questo percorso ho
riferito al Santo Padre durante la Visita ad Limina della primavera scorsa ricevendo la Lui e dai suoi
primi collaboratori incoraggiamento e sostegno. È stato un decennio tutt’altro che facile, in cui più
volte ho pensato che il motto di questo tempo potesse essere “Ricostruttori nella speranza”.
Oltre l’ordinario tante altre cose.
In tutto questo abbiamo anche trovato il tempo di fare piccole cose buone: il restauro della nuova
cattedrale di San Giovanni, il completamento del processo fino al decreto di venerabilità di Padre
Matteo Ricci, l’accompagnamento di molte coppie ad un più semplice processo di riconoscimento
delle nullità matrimoniali, varie ordinazioni presbiterali e diaconali, l’apertura di Casa Bethlem e di
altre iniziative di accoglienza della Caritas diocesana, il restauro di molte chiese e locali di
ministero ed oratorio, la costruzione di 3 centri di comunità post-sisma, il consolidamento del
sistema delle comunicazioni sociali diocesane EmmeTV 89, Radio Nuova Macerata ed Emmaus su
internet ed Avvenire (Sinodo 138). Il potenziamento della vita comune del Clero, come già
auspicato dal Sinodo Diocesano (Sinodo 160) con la creazione di tante Case del clero dove i nostri
Sacerdoti sono assistiti, vivono, collaborano e pregano insieme.
Grazie!
Grazie a Dio ed all’impegno generoso di tanti si è fatto davvero un bel lavoro. Io, come dissi
nell’omelia di ingresso in diocesi quel 27 luglio 2014, ho cercato di fare l’allenatore di questa bella
squadra. Se si vince è merito dei giocatori, se si perde è colpa dell’allenatore. Spero almeno che
rispetto alle aspettative di 10 anni fa, pur dovendo spesso giocare “fuori casa” e con “tanti
infortuni”, si possa dire che: abbiamo pareggiato con onore!